«Cosa dobbiamo pensare di questa forma di comunicazione radicalmente innovativa, usata da centinaia di milioni di persone, ma totalmente controllata da una sola azienda? Mettiamo a rischio la nostra libertà affidando tante informazioni sulla nostra identità a una sola entità commerciale? Le tensioni su questi problemi cresceranno man mano che Facebook continuerà a estendere la propria influenza globale…
Ma per capire come Facebook sia potuto diventare un’azienda così straordinaria, e per capire fin dove potrà arrivare in futuro, occorre tornare a quel dormitorio di Cambridge, nel Massachussetts, dove tutto ha avuto inizio nella mente di un diciannovenne irriverente e irrequieto»[1].
Fino a metà del 2009 MySpace è stato il Social Network più utilizzato al mondo, con oltre 100 milioni di visitatori unici che ogni mese accedono al servizio.
Facebook nasce un anno dopo MySpace. Mark Zuckerberg, diciannovenne studente dell’università di Harvard, crea infatti all’inizio del 2004 il sito TheFacebook.com, pensato per essere la versione on-line dell’annuario dell’università che include i profili e le foto degli iscritti (chiamato proprio Facebbook da “face”, volto e “book”, libro).
La precedente esperienza lavorativa di Zuckerberg al sito ConnectU (che poi gli fece causa qualche anno dopo), gli permise di intuire che realizzare il sito come un Social Network, ne avrebbe aumentato la popolarità tra gli studenti.
In effetti nel giro di cinque settimane dal lancio, più della metà degli studenti di Harvard usava il sito per interagire con la propria rete reale di amici nel College. Ciò convinse Zuckerberg ad allargare il servizio anche agli studenti di Yale, Columbia e Stanford.
«La scelta di inserire un Social Network a supporto di una comunità chiusa – quella degli studenti universitari – ma tecnologicamente avanzata ed attraente dal punto di vista pubblicitario, suscitò l’interesse di diversi investitori che tra la metà del 2004 e l’inizio del 2006 hanno investito circa 40 milioni di dollari per lanciare e potenziare il servizio.
[1] D. Kirkpatrick, Op.cit., p. 15.