SCOUTISMO 2.0: LA SFIDA EDUCATIVA DEI CAPI

Introduzione

Il metodo scout è un sistema di autoeducazione progressiva che si sviluppa attraverso concetti fondamentali delineati dal suo fondatore Robert Baden-Powell. Con l’avvenire delle nuove tecnologie una domanda sorge spontanea a tutti i Capi scout (educatori non professionali): si può fare a meno della tecnologia che ormai ci circonda o si può sfruttarla a proprio vantaggio nelle nostre attività?

Aspetto storico/sociologico

Il movimento scout è stato pensato e fondato da Robert Baden Powell (B.P.) nel 1907.

Lo Scoutismo non è di oggi o di ieri, e non è legato al tempo, perché è stato fondato sui desideri permanenti nell’istinto del ragazzo e non su attrattive o mode passeggere.

Vivere l’attività scout significa anche rinunciare ad alcune comodità per vivere in un contesto più naturale ed autentico un avventura che punta sulla semplicità, sull’essenzialità e sulla vita rude. Cucinare all’aperto e non nelle nostre cucine di casa, dormire in una tenda e non nei nostri letti, fare costruzioni con corde e legature per costruirsi il proprio angolo al campo, fanno sì che tutto questo impegni la fantasia del ragazzo perché sia capace di crearsi con le proprie mani delle comodità per poter vivere all’aperto nel miglior modo e non debba passare attraverso una vita scomoda.

Inoltre questa avventura e queste attività erano inattuali nel 1907 come lo sono oggi, ma è proprio questo aspetto inattuale, che è stato pensato da Baden Powell, che attira i ragazzi di ieri, di oggi e si pensa anche quelli di domani.

Aspetto psicologico/patologico

Su questo tema è stato fatto un convegno dal titolo “Scautismo 2.0 – La sfida del digitale”, organizzato dal Centro Studi ed Esperienze Scout Baden-Powell, nel novembre 2015, nel quale è stato presentato il risultato di un sondaggio posto a 200 Capi dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici di età compresa fra i 18 e i 62 anni.

Le domande poste ai Capi riguardavano la programmazione delle loro attività: come vengono pensate, realizzate, ideate, raccontate, fermate nella memoria e verificate.

  • Come vengono programmate le attività, le uscite e le riunioni?

88% usano internet per prendere spunti e idee

12% usano libri o chiedono aiuto a capi più anziani

-> la maggior parte dei Capi programma di presenza e su carta, affidandosi poi a modalità e strumenti diversi

  • Come è cambiato il modo di convocare le attività, le uscite e le riunioni?

90% WhatsApp o Facebook

10% chiama i ragazzi di volta in volta

-> i Capi hanno affermato che ai ragazzi piace WhatsApp e che le notizie più importanti vengono dette a voce alle riunioni. Molti hanno affermato di avere gruppi su WhatsApp o Facebook

  • Come è cambiato il modo di stare in sede?

80% non utilizza nuove tecnologie

40% fa uso di power point o video su YouTube

  • Cosa è cambiato durante le uscite, i campi, le Route e le diverse attività all’aperto?

68% non fa uso di strumenti digitali

32% utilizza i cellullari per il GPS, il meteo e le emergenze

  • Come è cambiato il modo di raccontare le riunioni, le uscite o le altre attività?

La maggior parte dichiara di affidarsi esclusivamente a Facebook e a WhatsApp, a volte anche durante lo svolgimento stesso delle attività

Altri condividono le foto su servizi cloud come Dropbox o Google Drive

Solo una piccola minoranza preferisce raccontare le attività, e farne memoria, attorno ad una tavola imbandita per una pizza oppure nel cortile della sede

Aspetto educativo

La sfida educativa dei capi è di formare dei cittadini “Healthy, Happy and Helpful”, cioè dei cittadini “Sani, Felici e Utili” alla società. Al giorno d’oggi la sfida è quella di aiutare i ragazzi a crescere nel mondo virtuale e tecnologico e non solo in quello reale e naturale per formarli a diventare buoni cittadini, sempre pronti ad essere protagonisti della nostra società, una società tecnologica.

Ai tempi di Baden Powell non esistevano tutti gli strumenti digitali che ci sono oggi ma lui si è comunque espresso in relazione alle innovazioni informatiche e tecnologiche che creavano dipendenza ai ragazzi degli anni ’20 e ‘30. Una novità particolarmente citata da B.P. è il cinema, poiché è una delle scoperte tecnologiche di quegli anni alla portata di tutti, anche dei ragazzi, e non solo di pochi eletti.

Ne “Il libro dei capi”, B.P. dedica un intero paragrafo al cinema, che, per la mentalità del tempo, rientrava fra i vizi e le tentazioni negative alle quali erano sottoposti i ragazzi e accanto ne cita altri come il fumo, il gioco d’azzardo, il bere e spiega come si possono contrastare.

B.P. scrive che «il cinema ha una grande attrattiva per il ragazzo e molte persone si spremono continuamente il cervello per capire come opporvisi» e risponde a questa sua osservazione con un pensiero che riprende il metodo scout: «Secondo il principio per il quale quando si incontra una difficoltà bisogna affiancarla e deviarla verso la nostra direzione, dovremmo cercare quale è il valore del cinema, quali possibilità offre e quindi utilizzarlo con lo scopo di formare il ragazzo».

Perché, aggiunge B.P.: «se il cinema può rappresentare una potenza per il male, può divenire altrettanto efficacemente uno strumento per il bene. Vi sono eccellenti film di storia naturale e di studio della natura che danno ai ragazzi un’idea più chiara dei processi naturali […]. Si può insegnare la storia attraverso l’immagine».

L’obbiettivo dei Capi è quindi quello di affiancare la difficoltà e deviarla verso la loro direzione. Anche nel caso del rapporto tra lo Scoutismo e le tecnologie digitali dobbiamo tener presente quanto suggerito nei testi del Fondatore.

Le tecnologie digitali, di per sé, non sono né buone né cattive. Lo diventano in base all’uso che se ne fa.

C’è chi pensa che il mondo dello Scoutismo e quello delle tecnologie digitali non debbano entrare in relazione tra loro ma non si può più far finta di non vedere che i ragazzi sono sempre più dipendenti da questi strumenti tecnologici e che questi fanno parte della loro quotidianità. Bisogna, infatti, trovare il modo per mettere in giusta relazione questi due mondi apparentemente distanti, e l’unico modo sembra essere proprio quello suggerito da B. P.: capire come trasformare queste tecnologie da elementi che possono avere degli aspetti problematici, in occasioni di crescita per i nostri ragazzi.

Le tecnologie digitali devono quindi essere viste come strumenti e come tali vanno utilizzate e sfruttate nel miglior modo. I Capi possono usare tablet o computer per programmare le attività invece del classico “quaderno caccia” per poterle anche condividere online e crearne un repertorio, si potrà anche chiamare o avvisare con WhatsApp o Facebook i ragazzi invece di inviare una lettera o telefonare a casa. Però se bisogna affrontare un argomento importante o un discorso personale è sicuramente meglio chiamare il ragazzo e fissare un appuntamento, dove il Capo potrà parlare guardando negli occhi il ragazzo e non nascondersi dietro uno schermo.

Altri modi utili al metodo scout di utilizzo degli strumenti tecnologici può essere quello di fotografare un animale o una pianta per stimolare il ragazzo a cercare l’inquadratura migliore e la luce giusta per un’osservazione più accurata una volta tornati a casa. Allo stesso tempo dobbiamo tener presente che lo schizzo fatto personalmente dal ragazzo ha una valenza educativa, perché lo stimola ad un senso artistico e a migliorare le sue capacità manuali.

Un altro compito fondamentale dei Capi è quello di insegnare ai ragazzi un corretto uso dei social network: le statistiche dicono che in Italia il 90% degli studenti ha un profilo Facebook che controlla almeno una volta al giorno. Bisogna far capire che strumenti come Facebook non sono occasioni di incontri reali, le amicizie che si creano sui social sono fittizie e si possono cancellare in un istante con un semplice “click”.

Conclusioni

Lo scoutismo deve quindi tenere in considerazione che le tecnologie digitali sono i nuovi strumenti della cultura giovanile e come tali non possono essere ignorate. I Capi devono infatti essere preparati all’avvenire delle nuove tecnologie e al loro utilizzo e inserimento corretto all’interno del metodo scout, tenendo presente le potenzialità di questi strumenti.

Queste tecnologie non devono però sostituire le classiche tecniche rudimentali che propone il metodo suggerito da B.P., ma nemmeno viceversa. Il Capo deve fare attenzione a come propone le attività con l’utilizzo delle tecnologie digitali, poiché come le attività classiche devono avere uno scopo educativo e utile al ragazzo e devono rispondere alle aspettative dei ragazzi e non del Capo. Come diceva B.P. bisogna usare l’esca che piace al pesce e non quella che piace al pescatore. Tutto questo va fatto cercando di non cadere nella trappola di “essere al servizio delle tecnologie digitali” ma di mettere queste al servizio del metodo.

Il futuro della società ci pone davanti a continui sviluppi che influenzeranno il modo di vivere delle future generazioni. Tutti i Capi devono quindi essere fedeli al motto scoutEstote Parati” che significa “Siate pronti”, e farsi trovare sempre pronti a tutto ciò che il futuro gli sta predisponendo.