Introduzione

Cosa pensereste di una società in cui la scalata sociale è determinata unicamente dal numero di stelle con cui gli altri ti recensiscono? O di un software in grado di “riportare in vita” i tuoi cari ormai defunti? E se esistesse un microchip in grado di rilevare tutto quello che è stato registrato nella tua memoria?

Potranno sembrare esempi fantascientifici ed estremamente distanti nel tempo, ma forse guardando Black mirror, l’acclamata serie TV distribuita da Netflix, potrete ricredervi.

Aspetto storico/sociologico

Black Mirror è una serie televisiva britannica scritta da Charlie Brooker ed ora prodotta da Netflix. Il primo episodio risale al 4 dicembre 2011 e fu trasmesso da Channel 4. Si tratta di una serie antologica, questo vuol dire che ogni episodio ha trama, personaggi e ambientazione diversi: sostanzialmente si può parlare di una raccolta di lungometraggi. Tutti sono accomunati dal tema della distopia tecnologica, ovvero sono ambientati in un futuro in cui si mostra un trend già presente nella nostra società, ma esagerato in modo da evidenziarne le criticità. Una sorta di allarme cinico, schietto e spesso oscuro verso l’uso della tecnologia che ci sta sfuggendo di mano. Il titolo della serie infatti fa riferimento agli schermi neri dei vari apparecchi elettronici che ormai fanno parte della nostra quotidianità.

Una serie molto apprezzata dalla critica e dal pubblico, anche se destabilizzante e sicuramente non leggera a detta di tutti. Nel 2012, Black Mirror ha vinto un International Emmy Award come miglior miniserie televisiva e nel 2017 l’episodio San Junipero della terza stagione ha vinto l’Emmy Award come “miglior film per la televisione”. L’episodio USS Callister della quarta stagione si è invece aggiudicato quattro premi Emmy.

Aspetto psicologico/patologico

Prima di iniziare c’è da dire che trattandosi di una serie antologica ogni episodio è a sé e meriterebbe un’analisi ad esso dedicata: risulta quindi difficile studiare l’analisi nel complesso. Di contro questo elemento, a mio parere, può diminuire il rischio di dipendenza che altre serie possono indurre.

Elemento vincente che ha favorito a rendere pop questo programma è l’ambientazione. Infatti sebbene si parli di futuro, esso non è reso come qualcosa di distante ma piuttosto come un futuro prossimo, sebbene si parli di tecnologia altamente avanzata. Vengono ripresi abiti, modi di fare, si strizza l’occhio a marche conosciute, l’architettura ha uno stile moderno ma non così distante da alcune case già presenti nel mercato immobiliare. In questo modo per lo spettatore è facile immedesimarsi nei protagonisti e vivere più facilmente in prima persona quel mondo distopico. Così facendo anche il messaggio risulta più urgente ed agghiacciane.

Aspetto educativo

L’aspetto interessante, da cui a mio parere potrebbe nascere un’interessante riflessione educativa, è che in realtà in Black mirror la tecnologia è senza colpe: è il suo uso malato che è condannato. Si tratta di un campanello d’allarme non certo finalizzato a fermare il progresso tecnologico, ma a spronare una riflessione etica rispetto a come l’uomo si rapporta con essa.

Si può dire che è una serie TV che può essere utile ad un educatore riflessivo tra on-line e on-life. L’inizio in medias res di ogni episodio dimostra come oramai la tecnologia non sia più qualcosa di nuovo o marginale: c’è, esiste e la usiamo ogni giorno. La soluzione quindi non può essere quella di eliminarla, ma piuttosto quella di comprenderla e sfruttare a proprio favore i pro e i contro che offre.

Conclusioni

In conclusione ritengo che Black mirror sia un’analisi meta-tecnologica utile e intelligente. Ha certamente dei punti critici, alcune puntate particolarmente controverse e un abbassamento di qualità nelle ultime due stagioni, ma nonostante questo rimane sicuramente da vedere. Ovviamente può essere proposta anche in ambiti educativi, per sviluppare dibattiti e riflessioni, tuttavia a mio parere necessita di un pubblico maturo o quantomeno di essere accompagnata da spiegazioni da parte dell’educatore.