Introduzione

I bambini e i giovani di oggi appartengono alla cosiddetta screen-generation. A differenza degli adulti, i quali hanno imparato ad utilizzare internet e gli smartphone, loro sono immersi fin dalla nascita in queste dimensioni e crescono con loro, instaurando un forte legame con Internet e la realtà virtuale. Per questo motivo, essi conoscono e utilizzano in maniera del tutto naturale le emoticon, simboli che raffigurano le espressioni umane, introdotte nel 1982, e le emoji, i simboli pittografici nati in Giappone alla fine degli anni ’90, ma che hanno visto il successo con la loro introduzione nelle tastiere dei cellulari e in app come Facebook e Whatsapp.

Aspetto storico/sociologico

Prima della nascita delle emoji, simboli che vengono utilizzati nelle conversazioni digitali per esprimere emozioni, c’erano le emoticon, le quali sono dei segni di punteggiatura che, se accostati l’uno dopo l’altro, vanno a formare una faccina per esprimere felicità ( “:-)” ), tristezza ( “:-(” ), etc. Con lo sviluppo dell’informatica e delle tecniche grafiche l’emoticon, nata nel 1982 dal professore e infomatico Scott Fahlman, è stata sostituita dall’emoji, termine che deriva dal giapponese “e” (immagine) e “moji” (carattere, lettera), la quale, a differenza della prima, può esprimere non solo emozioni, ma anche azioni o idee.

Aspetto psicologico/patologico

Il cervello umano è abile nel riconoscere il volto dell’uomo anche dove esso non è presente, attivando di conseguenza aree specifiche della corteccia occipito-temporale. È grazie a questa capacità che il ricercatore australiano Owen Churches si rese conto che molte e-mail contenevano dei segni di punteggiatura che, insieme, andavano a formare una faccina sorridente. Tuttavia, ci sono voluti trent’anni e il contributo di Scott Fahlman perché l’emoticon fosse riconosciuta da tutti come tale, ad indicare che il vedere questo simbolo “:-)” come un volto sorridente non è naturale e automatico, ma è una risposta della mente creata dalla cultura.

Le emoticon e le emoji sono state create per facilitare la comunicazione virtuale, in particolare per far comprendere al destinatario del proprio messaggio l’emozione che si sta provando, senza doverla esplicitare a parole. Hanno quindi preso il ruolo del tono della voce e dei gesti di una normale comunicazione faccia-faccia. Nell’interazione faccia-faccia si ricevono continuamente feedback che trasmettono molte informazioni non verbali. Ovviamente, nel testo l’interlocutore non può cogliere queste informazioni ed è qui che entrano in gioco le emoji, le quali hanno il compito di limitare le incomprensioni, rendendo chiara la comunicazione. Ad esempio, una faccina che ride accanto a un messaggio apparentemente ambiguo può manifestare le intenzioni di ironia del mittente.

Aspetto educativo

Se da un lato le emoji sono state introdotte per l’esigenza di rendere la comunicazione “tecnologica” più umana, dall’altro lato esse hanno impoverito la scrittura. Infatti, la possibilità di trasmettere velocemente il proprio stato d’animo attraverso un simbolo, ha portato a svalutare l’importanza del sentimento provato e ha reso la comunicazione molto più superficiale. Dal punto di vista educativo, si può pensare di dare più attenzione all’educazione dei sentimenti e, di conseguenza, all’intelligenza emotiva, individuata dallo psicologo statunitense Daniel Goleman. Essa è l’aspetto dell’intelligenza che è legato alla capacità di conoscere e utilizzare le proprie e altrui emozioni.

Conclusioni

L’aspetto paradossale delle emoji è che esse sono destinate al mondo del web, ma, negli ultimi anni, sono “uscite” dalla dimensione di Internet per entrare a far parte della vita reale. A dimostrazione di questo, nei supermercati si possono trovare centinaia di prodotti (cuscini, portachiavi, palloncini…) che raffigurano le tonde faccine gialle e gli altri famosi simboli Addirittura sono diventate l’argomento del cartone animato uscito nel 2017 Emoji-accendi le emozioni e sono state utilizzate per raccontare la storia di Pinocchio al posto delle parole, nel libro intitolato Pinocchio in emojitaliano. Il successo delle emoji, iniziato nel 2011, con la loro introduzione nelle tastiere degli smartphone e poi nei social network (come su Facebook, dove oltre al like sono presenti le “reazioni”) e nelle App (come Whatsapp, dove ad oggi se ne contano 1791) è destinato a crescere.