Introduzione

FOMO è un acronimo, che sta per Fear of Missing Out, cioè la “paura di essere tagliato fuori”: una forma di ansia sociale e preoccupazione compulsiva di perdere l’opportunità di interazione con gli altri, di partecipare ad eventi piacevoli ed emozionanti vissuti da altri nei social.

Aspetto storico/sociologico

L’acronimo è stato coniato qualche anno fa dallo scienziato Andrew Przybylski dell’università di Oxford che, insieme ad altri ricercatori universitari, ha definito per la prima volta la FOMO: una forma di disagio psicologico provocato dall’utilizzo eccessivo della tecnologia. I loro studi si basavano su un’indagine condotta da Live Person, una compagnia americana che si occupa di marketing, messaggistica istantanea e analisi territoriali. La compagnia condusse questa indagine su un campione di 4.013 persone, comprese tra i 18 e i 34 anni, in 6 stati diversi: Australia, Germania, Francia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. La domanda a cui erano sottoposti era riguardo le loro preferenze tra la comunicazione digitale e quella di persona. Nei penultimo e ultimo degli Stati citati sopra, corrispettivamente, il 74,4 % e il 73,3 % dei rispondenti dichiarò di preferire mail, SMS o social.

Aspetto psicologico/patologico

Per Przybylski la FOMO si manifesta soprattutto tra i giovani ed è legata a bassi livelli di autostima e alla necessità di cercare approvazione negli altri. Il fatto di essere in un periodo della vita instabile senza un’identità ancora ben definita, fa sì che i giovani passino più tempo sui social che a parlare con i loro amici: è più il tempo online che quello

Aspetto educativo

La sfida a livello educativo, basandoci sulle “4 R”, è di piena ricapacitazione, da parte del ragazzo, per la creazione di nuovi stili di vita e di nuove pratiche. Nulla può essere imposto dall’esterno per cui è necessario che il ragazzo riesca ad auto-limitarsi nella ricerca di approvazione online, della risposta al suo desiderio d’amore sui social piuttosto che nei legami reali; portarlo da interazioni effimere a legami costruiti sulla reciprocità, la trasparenza e il confronto, caratteristiche alienate dalla realtà virtuale.

Conclusioni

Tutto ciò ha senso se non viene imposto, ma deve essere l’educando a prendersi la responsabilità del suo stato. Ciò non può sicuramente avvenire in un breve arco temporale, per cui il compito dell’educatore sarà quello di accompagnarlo e attendere che il desiderio di realtà e condivisione on life e non on line scatti all’interno dell’educando.