Introduzione

Spesso durante l’arco della giornata capita di imbattersi in questo termine: “hashtag”. Forse una delle parole più abusate del momento, un vero e proprio tormentone presente non solo nel mondo della rete e dei social network, ma anche nei programmi televisivi, nelle radio, nei giornali e ancora nelle manifestazioni, negli eventi, nelle pubblicità e nelle canzoni. Nonostante questo, la maggioranza delle persone non conosce il suo reale significato e quella che è la sua funzione. L’hashtag, semplicemente, corrisponde al simbolo cancelletto (#) e non è altro che un etichetta, spesso indicato con l’abbreviazione tag. Il suo scopo è appunto quello di eticchettare, o meglio è un aggregatore tematico utilizzato prevalentemente in servizi web e social network allo scopo di facilitare agli utenti della rete la ricerca di un tema di specifico interesse. Infatti basterà digitare, nella barra delle ricerche, una parola preceduta dal simbolo # e si apriranno rapidamente pagine, o nel caso dei social quali Twitter, collegamenti coi messaggi e tweet che riguardano il tema cercato. Il termine hashtag deriva dall’inglese e nasce dall’unione della parola Hash che significa cancelletto (#), e Tag cioè etichetta.1

1 Hashtag, in «Wikipedia», <https://it.wikipedia.org/wiki/Hashtag>, (01.10.2017)

Aspetto storico/sociologico

L’hashtag compare per la prima volta all’interno del social network Twitter, che per primo l’ha utilizzato e sviluppato, nell’agosto del 2007 grazie a Chris Messina, esperto di web. La sua idea era appunto quella di creare delle parole chiave allo scopo di raggruppare i messaggi e tutte le conversazioni che riguardassero lo stesso tema, in modo da indirizzare e rendere più facile la ricerca agli utenti di Twitter. Inizialmente la sua idea non ebbe il successo sperato ma diede tuttavia inizio a una rivoluzione della comunicazione e del linguaggio informatico. Soltanto nell’ottobre dello stesso anno, in seguito degli incendi che stavano colpendo San Diego, l’hashtag si diffonde negli USA quando per la prima volta Nate Ritter, un utente di Twitter, postò sul suo profilo l’hashtag #sandiegofire. Il simbolo # acquistò fama internazionale solo nel 2009 in seguito alle Elezioni presidenziali e alle proteste in Iran. L’hashtag venne introdotto su Facebook solo nel 2013 riscuotendo tuttavia poco successo, e negli stessi anni approda anche su altri social network come Instagram, You Tube e Google Plus. 1

L’hashtag ha determinato un rilevante cambiamento nel modo di comunicare e nel linguaggio sia online che onlife. Per quanto riguarda la comunicazione online, esso non svolge solo il ruolo di aggegatore di argomenti, ma anche di aggregatore sociale. Infatti velocizza le comunicazioni, anche con persone che non si conoscono, e permette a chiunque di partecipare a dibatti e a discussioni su un determinato tema di interesse, basta appunto digitare # e l’argomento che ci interessa, ad esempio #scuola per accedere, attraverso degli algoritmi, a tutti i messaggi, link, video o foto che contengono l’hashtag ricercato. L’hashtag consente anche di acquisire una maggiore visibilità in rete attraverso, ad esempio, l’utilizzo dei hashtag di tendenza, ossia quelli più popolari nella rete. Navigando su internet è possibile trovare numerosi siti che fungono da veri e propri manuali con consigli e “leggi non scritte” su come utilizzare al meglio l’hashtag all’interno dei propri tweet, post e video, con l’intento di acquisire e aumentare i propri followers e la propria popolarità. Per esempio, consultare i tool, ossia delle app che ti aiutano nella scelta del miglior hashtag da utilizzare e da evitare, ed inoltre ti consentono di rimanere aggiornato rispetto agli hashtag di tendenza. A tal proposito Twitter, in seguito al successo riscontrato dal simbolo #, ha inserito nella sua home la funzione “trending topics” che riporta una lista degli hashtag più utilizzati dagli utenti. Altri consigli sono quelli di usare hashtag coerenti con il tema che decidi di trattare, di non inserirne più di 3 all’interno della stessa frase, così da non rendere troppo carico il tuo post, e di utilizzare hashtag chiari, specifici e semplici così da essere più efficaci e virali.L’hashtag ha enormi potenzialità comunicative e non a caso viene impiegato da programmi televisivi, dalle radio, dai giornali ma anche dai politici, dal marketing e molto altro. Per esempio, viene utilizzato per condividere degli eventi o per seguirli in tempo reale condividendolo con i followers ma anche con gli altri utenti del web. Tra i più condivisi di quest’anno c’è #Sanremo postato durante l’ultimo festival della musica italiana. L’hashtag sta spopolando anche nelle trasmissioni televisive. Il simbolo permette ai conduttori del programma di interagire con gli ascoltatori. Spesso infatti i commenti postati sui social network, come Tweeter, con l’utilizzo dell’# e il nome del programma che si sta guardando, vengono letti dai conduttori in tempo reale o appaiono sullo schermo dei televisori. In questo modo si passa da semplici spettatori del programma a parte attiva di esso. Uno degli hashtag di programmi televisivi più condiviso dal web nel 2018 è #isola, riferito al programma L’Isola dei Famosi. Questo sistema di interazione viene utilizzato anche dalle radio o radiovisioni come ad esempio RTL. Anche i politici nei loro profili pubblici in rete utilizzano sempre di più degli hashtag con parole chiave, o durante i loro comizi. Diventano anche dei veri e propri slogan per le manifestazioni in piazza o per le proteste. L’hashtag è un potentissimo aggregatore di persone rispetto a un determinato argomento o tema. « Utilizzare un hashtag significa infatti legare a sé, almeno per un momento, una persona. Chiunque utilizzi un hashtag si fa parte di un sistema, entra nel meccanismo del passaparola e crea volume nella nube comunicativa di chi ha dato origine all’hashtag stesso.» Un esempio, riguardante gli ultimi avvenimenti politici, è l’hashtag creato e messo in rete dal Movimento 5 Stelle, ossia #ilmiovotoconta, come protesta nei confronti delle ultime elezioni politiche del 2018. Anche il mercato e le pubblicità hanno puntato molto sul simbolo #. Infatti molti brand hanno pagine ufficiali sui social network ove postano spot con hashtag riconoscibili e personali per pubblicizzare le proprie campagne pubblicitarie. L’hashtag è divenuto anche simbolo degli ultimi avvenimenti drammatici avvenuti nel mondo e in particolare in Europa, come gli attacchi terroristici a Parigi, Londra, Nizza e Manchester. #JeSuisCharlie è l’hashtag più twittato come protesta e solidarietà per quanto accaduto al giornale satirico francese Charlie Hebdo. L’hashtag in questo caso serve anche a far sentire la propria voce, a farsi sentire vicini nei confronti delle persone coinvolte nelle stragi, o come aiuto come #openhouse utilizzato per indicare i luoghi dove rifugiarsi o #RechercheNice, usato per rintracciare le persone disperse a Nizza dopo l’attentato. Altro esempio sono gli hashtag postati sui video Challenge allo scopo di raccogliere fondi come #IceBunketChallenge per la ricerca e lo studio della SLA.

1 Cos’è e come funziona l’hashtag, in «Fastweb.it», <http://www.fastweb.it/social/cos-e-e-come-funziona-l-hastag/> (25.10.2013)

2 SAIA Iolanda, La storia dell’hashtag! Che cos’è? Come e dove si usa?, in «fc1492», <http://www.fc1492.com/storia-dell-hashtag/>

3 DOTTA Giacomo, Hashtag: la politica e il cancelletto, in «WebNews», <//www.webnews.it/2014/01/20/hashtag-politica/>, (20.01.2014)

Aspetto psicologico/patologico

L’hashtag, il simbolo più in voga del momento, viene postato e condiviso da tutti, anche dagli adulti, ma a farne maggior uso sono indubbiamente gli adolescenti. La “Generazione hashtag”, così si intitola il libro di Maura Manca in cui analizza appunto il mondo degli adolescenti sempre connessi con il loro smartphone, che definisce come una protesi della loro personalità; adolescenti che comunicano tramite le chat di messaggistica istantanea e attraverso i tag o #.  All’interno del suo libro affronta il tema della personalità collegata alla tecnologia. Come gli adolescenti si costruiscono la propria personalità, la propria identità? Come il mondo dei social network influisce in questo fase delicata della vita di un adolescente alle prese con la ricerca della propria verità e di se stessi? Quali sono i rischi che i giovani di oggi possono incontrare nella rete e spesso nascosti dietro un #? Questi e molti altri sono gli interrogativi a cui Maura cerca di rispondere nel suo libro.Dunque la maggioranza degli adolescenti si iscrive ad un social network, in molti casi ne gestisce più di uno, per cercare di esprimere se stesso, per poter comunicare al mondo chi è e cosa sa fare. Spesso nel mondo reale i giovani faticano a dimostrare la propria personalità e, nella piattaforma digitale, trovano lo strumento ideale per costruire e cercare la propria identità. L’hasthag sicuramente consente agli adolescenti di rispondere ad un loro bisogno essenziale: il bisogno di essere riconoscuiti dai coetanei, di ricevere approvazione, di essere accettati. Per l’adolescente i like diventano una vera e propria ossessione tanto che spesso, sotto una foto, un post o un video, inserisce un muro di # allo scopo di ottenere più like o più followers. Infatti la speranza del ragazzo è quella che, qualcuno cliccando su uno specifico hashtag nelle ricerche, possa vedere la propria foto per poi iniziare a seguirlo e magari diventare un idolo per qualcuno. C’è da aggiungere che l’idea sbagliata diffusa nel mondo dei ragazzi è quella che sia semplice fare successo e che se non hai successo allora non sei nessuno. A questo scopo, per ottenere maggiore visibilità, vi sono dei veri propri hashtag appositi come #follow #followme #followforfollow #pleasefollow #pleasefollowme #TagsForLikes #likeback e molti altri. Un altro dei motivi della popolarità e diffusione degli hashtag è il fatto che permette di comunicare facilmente con gli altri, anche chi non si conosce, e di creare un dibattito. L’hashtag può rappresentare un vero e proprio luogo di ritrovo virtuale, una comunità occasionale online. Temporaneamente infatti, persone che non si conoscono e probabilmente non condividono niente, si ritrovano a confrontasti attorno ad un argomento o a un tema comune, come ad esempio un programma televisivo, una notizia, un personaggio pubblico, un idea politica. Il simbolo # è un aggregatore di persone in grado di creare una rete relazionale, partecipazione e legami. Inoltre l’hashtag consente di dare maggiore valore e significato ai propri post e alle proprie foto. Infatti una foto da sola è semplicemente un’immagine, ma se viene accompagnata da un testo, con degli #, assumerà un altra dimensione. Ad esempio una foto di un paesaggio accompagnata dall’hashtag #nature, aumenterà di visibilità e di importanza in quanto potrà essere visualizzata da qualsiasi utente che cercherà quel determinato hashtag. Tornando in particolare nel mondo adolescenziale, il silmbolo #, è un ottimo strumento per esternare le emozioni e gli stati d’animo, spesso difficili da comunicare nella vita reale. Costituisce un vero e proprio linguaggio, un modo per dire a tutti come si sentono, cosa provano o cosa stanno facendo. Ad esempio aggiungere #happy per esprimere la propria felicità, o #noia per comunicare a tutti che in quel momento sono annoiati.2

1 Comunicati Stampa, Generazione Hashtag. Un libro innovativo, una guida utile per i genitori, in «AdoleScienza», <http://www.adolescienza.it/comunicati-stampa/generazione-hashtag-un-libro-innovativo-una-guida-utile-per-i-genitori/>, (01.10.2016)

2 ROSSITTO Rocco , A cosa servono gli hashtag su Instagram?, in «Diecicose», <https://www.diecicose.it/blog/a-cosa-servono-gli-hashtag-su-instagram/> (17.05.2016)

Aspetto educativo

A fare maggiore uso dei social network e della messaggistica immediata sono gli adolescenti e l’hashtag è sicuramente uno dei nuovi linguaggi che essi utilizzano per comunicare. Fondamentale per un educatore è tenersi sempre aggiornato rispetto al loro mondo e al passo con tutto ciò che avviene nella loro realtà digitale. Infatti un educatore informato riuscirà maggiormente a cogliere quei piccoli segnali che spesso un ragazzo lascia, come una traccia, nei suoi post, nelle sue immagini, in una frase inserita o in un semplice hashtag. Spesso volontariamente postati dal ragazzo per manifestare il suo disagio, i suoi problemi, le sue difficoltà, ma difficilmente questi segnali vengono colti dai loro coetanei. Al contrario è facile per l’adolescente, che manifesta il suo problema, venire deriso, giudicato e spinto ad atti drammatici come il suicidio. Anche un genitore non informato o digitalizzato difficilmente riuscirà a cogliere il disagio che suo figlio esprime nei suoi profili online comunicandolo al mondo digitale. Proprio per questo l’educatore deve conoscere e smascherare questi messaggi nascosti di aiuto ed intervenire al più presto. Esistono infatti numerosi hashtag che ad una prima lettura fanno pensare solamente a semplici nomi di ragazze. Sono in realtà dei codici, abbreviazioni appositamente creati per esprimere, in particolare su Instagram, il disturbo di cui soffre l’adolescente, come disturbi alimentari, ma anche il loro disagio, la loro difficoltà, la loro tristezza, la loro depressione. La rete è appunto il luogo ideale, per il ragazzo, per esprimere ciò che sta vivendo, uno strumento per far sentire la propria voce, spesso ignorata dalla stessa famiglia o da chi lo circonda. Non trovando aiuto onlife all’adolescente non rimane che cercare supporto nelle sua vita online. Una sorta di S.O.S. che il ragazzo lancia nel mare della rete nella speranza di essere ascoltato e di ricevere soccorso, ma a volte andando incontro ad una comunità di squali che lo affogano nella sua difficoltà dando rinforzo ai suoi problemi e spingendolo negli abissi. Gli squali in questione rappresentano quei siti in cui possono imbattersi gli adolescenti affetti da disturbi, come l’anoressia, che incitano al mantenimento della patologia facendo leva sul la loro solitudine e il loro sentimento di abbandono. Ed è qui che torna in gioco l’educatore e l’importanza della conoscenza del mondo interno degli adolescenti e il loro linguaggio, così da poter essere per loro il giubbotto di salvataggio lanciato nel mare della rete, che gli permetta di galleggiare, trovare la via e nuotare fino alla salvezza. Molti di questi S.O.S. si nascondono oggi dietro un # o tag. Ecco alcuni esempi: #ana per anoressia, #mia per la bulimia, #cut per l’autolesionismo, ossia il tagliarsi intenzionalmente, #annie per l’ansia, e #sue per il suicidio. Quest’ultimo è forse quello più diffuso sui social network. Instagram al riguardo si è già mobilitata, infatti digitando #sue nella barra delle ricerche dell’app, apre un messaggio di avviso della presenza di immagini forti e di impatto visivo e a questo messaggio collega un link di un sito di prevenzione al suicidio (http://www.befrienders.org/) per cercare di offrire supporto al ragazzo.1

1 MANCA Maura, Generazione hashtag: come è cambiato il modo di comunicare, in «AdoleScienza», <http://www.adolescienza.it/social-web-tecnologia/generazione-hashtag-come-e-cambiato-il-modo-di-comunicare/>, (03.11.2016)

Conclusioni

Il modo di comunicare degli adolescenti sta sicuramente cambiando insieme alla tecnologia. Fondamentale per l’educatore sarà rimanere sempre al passo, informarsi, conoscere il linguaggio e osservare il mondo degli adolescenti e tutto ciò che riguarda la loro realtà digitale. Tuttavia non dovrà solo conoscere ma, cosa più importante, dovrà anche educare i ragazzi ad un uso corretto e consapevole della tecnologia.