Il Ghosting, la bara vuota della relazione

Introduzione

Con il termine “ghosting”, che significa letteralmente “fantasmare”, si intende un fenomeno da sempre esistito ma che assume al giorno d’oggi caratteristiche del tutto particolari. Si tratta del gesto di chi, al fine di concludere una relazione, sparisce letteralmente nel nulla, e non dà più alcun segno di vita rendendosi irreperibile e ignorando ogni tentativo di contatto da parte dell’altra persona. Ciò può avvenire in tutti i campi della vita, in particolare in relazioni sentimentali più o meno stabili, ma anche semplici amicizie. Il ghosting è un evento che giunge all’improvviso ed è la scelta unilaterale di uno dei due membri coinvolti nella relazione che delega al silenzio più totale la notizia del distacco definitivo.

È un vero e proprio tratto generazionale perché, nonostante dileguarsi nel nulla sia sempre stato possibile, la comunicazione via internet, e in particolare l’avvento di social network e app di messaggistica come Facebook e Whatsapp, consentono il diffondersi e persistere di questa pratica. Attraverso di questi, «il passaggio dal contatto intensivo al silenzio è questione di un attimo: basta chiudere il pc e alzarsi dalla scrivania o rimettere in tasca il cellulare»[1], paradossalmente è così: con alcuni siamo sempre online, con altri decidiamo per un offline definitivo.

Con altri ancora, invece, e qui entra davvero una dinamica completamente social, si innescano delle varianti al ghosting, quali lo zombeing e l’orbiting. Il primo fa riferimento a quelle persone che, dopo essere scomparse, risorgono di colpo, come nulla fosse, in genere con un ingenuo messaggio; il secondo consiste nel rimanere “nell’orbita di qualcuno” o tenere qualcuno “nella propria orbita”, attraverso segnali ambigui come visualizzazioni, like, cuori e simili manifestazioni di interesse tipiche dei social network. È chiamato anche benching, col riferimento al “tenere in panchina”. È un modo, quest’ultimo, per tenersi a debita distanza, senza impegnarsi con l’altro, ma sempre mantenendo vivo il rapporto, se così si può definire.

[1] Jonathan Bazzi, Il ghosting è la violenza psicologica preferita della nostra generazione, in The Vision, 9 aprile 2018, <https://thevision.com/attualita/ghosting-generazione-codardi/>

Aspetto storico/sociologico

Come già sottolineato, il ghosting non è una novità, eppure solo nel 2015 è stato inserito con la sua connotazione “comportamentale” nel dizionario Collins, uno dei più celebri dizionari inglesi dell’era multimediale[1]. È evidente, quindi, come ci siano stati particolari risvolti proprio con l’influenza della comunicazione mediatica e del Web 2.0.

Dal punto di vista sociologico, si può affermare che “fantasmare” qualcuno è sempre più socialmente accettabile. Infatti, «più il comportamento diviene comune, più le masse si desensibilizzano fino ad accettare il ghosting come un qualcosa di “normale“, “che può succedere”»[2]. Inoltre, alcuni studiosi vedono in questo fenomeno la naturale conseguenza del declino dell’empatia, dell’analfabetismo emotivo che non consente di rendersi conto che c’è una persona di carne dall’altra parte dello schermo.

[1] Anna De Simone, Ghosting, 20 segnali premonitori, in Psicoadvisor, 12 marzo 2018, <http://psicoadvisor.com/ghosting-20-segnali-premonitori-10619.html>

[2] Ibidem.

Aspetto psicologico/patologico

Il primo emblematico elemento che possiamo rilevare dal punto di vista di chi pratica attivamente il ghosting è quello della mancata assunzione di responsabilità. Nascondersi dietro un telefono consente di evitare una presa di posizione, una valutazione forte, un conflitto aperto, anche un “metterci la faccia”; segni che indicano paura, insicurezza o semplice immaturità. Un fattore che può contribuire è poi uno stile di attaccamento disorganizzato o evitante perché queste persone tendono a vivere le emozioni e i sentimenti in modo contrastante e questo potrebbe renderli più propensi a scomparire.

Anche chi ha un disturbo narcisistico di personalità non dispone dell’empatia necessaria per porre fine alla storia nel pieno rispetto del partner. Chi sparisce, rimane in qualche modo indelebile nella memoria dell’altro, perché sospende un giudizio, lasciando in realtà aperte delle possibilità. «Il nostro cervello ha un sistema di monitoraggio sociale (SSM) che controlla l’ambiente per capire come reagire alle situazioni che coinvolgono gli altri e il ghosting priva proprio di questi segnali»[1]. È questa ambiguità di fondo a causare problemi alla vittima “fantasmata” che non può in alcun modo interpretare i propri sentimenti e organizzare una risposta appropriata.

Molte sono quindi le implicazioni, soprattutto in uno scenario iper-connesso, in cui l’altro dà comunque segnali di vita online anche se non rivolti alla vittima, e ciò genera in quest’ultima frustrazione, senso di rifiuto, umiliazione. È un evento particolarmente traumatico anche perché questo «rifiuto sociale attiva nel cervello gli stessi percorsi neurali del dolore fisico[2]». Quello che è stato operato nei suoi confronti è una sorta di ultimo abuso emotivo che, non lasciando alcuna spiegazione, genera confusione e si perpetua nel tempo segnando profondamente la persona.

[1] Jonathan Bazzi, Il ghosting è la violenza psicologica preferita della nostra generazione, in The Vision, 9 aprile 2018, <https://thevision.com/attualita/ghosting-generazione-codardi/>

[2] Ibidem.

Aspetto educativo

Questo fenomeno abbraccia una fascia anagrafica molto ampia, ma ha un’incidenza particolare nella vita dei Millennials, in quanto essi sono i principali utenti dei social e subiscono o provocano il ghosting in quelle che sono le prime relazioni davvero importanti che instaurano, andando così a condizionare molto delle loro concezioni di amicizia, amore, relazione, e sulla considerazione che hanno di sé stessi e dell’altro. Il ghosting ribalta quello che è l’imperativo categorico dell’etica kantiana «Agisci in modo da trattare l’umanità […] sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo[1]». L’educazione deve insegnare ad essere più umani, e cioè responsabili, maturi, consapevoli della propria dignità e di quella di ciascuno, che sono inalienabili. “Fantasmare” una persona è trattarla come un oggetto, come un pupazzo che decido di abbandonare in fondo al cassone dei giochi. Eppure, per molti ragazzi è naturale comportarsi in questo modo. Come educatori è necessario guidare i ragazzi a vivere in modo sano le relazioni, soprattutto lì dove vengono a crearsi e svilupparsi attorno ad uno schermo.

[1] Immanuel KantFondazione della metafisica dei costumi, in Scritti morali, traduzione di Pietro Chiodi, UTET, 1995, pp. 88

Conclusioni

In definitiva, il ghosting può essere considerato “la bara vuota della relazione” perché, come chi non possiede le spoglie del proprio caro defunto,  non è in grado di rielaborare il lutto piangendo su una bara vuota, in assenza del corpo. È proprio la “spersonalizzazione” e disincarnazione operata dai social media a svuotare le relazioni di un contenuto abbastanza rilevante per cui, anche in caso di doversi lasciare, valga la pena farlo in maniera degna di quello che la persona, in quanto tale, merita.