Introduzione

SuicideGirls è un sito web che propone fotografie softcore e profili testuali di ragazze di stile dark, punk, indie ed alternativo in generale (nonostante si rifacciano spesso anche a stili che richiamano ai modelli di pin-up anni quaranta e cinquanta) note come “Suicide Girls”. Il sito funziona anche come una comunità virtuale con profili utenti, gruppi tematici e forum di discussione, e propone inoltre interviste ad importanti personaggi della cultura popolare ed alternativa. l’accesso alla maggior parte del sito richiede un’iscrizione a pagamento.

 

Aspetto storico/sociologico

Il concept ed il sito SuicideGirls furono creati dai soci fondatori della società madre, SG Services Inc., Sean (Sean Suhl) e Missy Suicide (Selena Mooney) alla fine del 2001, con sede in Portland (Oregon). Nel 2003 il quartier generale del sito si spostò a Hollywood (Los Angeles). Suhl e Mooney dichiararono di aver aperto il sito “semplicemente per vedere delle belle ragazze punk nude”. Mooney ha anche dichiarato che lo scopo del sito è quello di dare alle donne il pieno controllo su come debba essere rappresentata la propria sessualità. A Mooney e Suhl si sono poi aggiunti due altri soci, ovvero Steve Simitzis (amministratore del server), e sua moglie Olivia Ball (ex-programmatrice e webmaster del sito, nonché ex-Suicide Girl), che però dal 2006 non appare più tra i componenti dello staff. L’enorme successo di SuicideGirls ha ispirato molti siti di tematiche analoghe.

 

SuicideGirls dichiara che il 43% dei membri paganti del sito sono donne (cosa che sarebbe atipica per un sito erotico ordinario), e che la visione delle foto rappresenti soltanto il 20% del traffico del sito. I membri sono generalmente attivi nell’organizzare incontri ed eventi nella vita reale, e la società SG stessa supporta diversi di questi eventi. Una recente intervista con Suhl rivela che la maggior parte dei profitti del sito deriva dal merchandising, invece che dall’iscrizione a pagamento. Joanna Angel ha definito SuicideGirls come “il McDonald’s dell’alt porn”.

 

Aspetto psicologico/patologico

In questo trattato, scritto da Riccardo Dalla Luche (psichiatra), verranno spiegati gli effetti psicologici della pornografia. Ma perché siamo passati dalla pornografia softcore alla pornografia hardcore? Il legame che intercorre tra esse infatti, è molto stretto: in genere il passaggio dalla pornografia softcore a quella hardcore avviene grazie alla cultura di massa che promuove questo genere di materiale soft con pubblicità, film, fumetti, libri, …
La “contaminazione” avviene in maniera indiretta, creando poi nel soggetto una curiosità che lo spinge ad andare oltre.

“In una delle sue note ne “La mostra delle atrocità”, Ballard4 afferma che “l’immaginazione sessuale è illimitata quanto a prospettiva e a forza metaforica (…) Per molti versi la pornografia è la forma di fiction più letteraria di tutte: un testo verbale che conserva il minimo di legame con la realtà esterna, e deve far conto solo sulle sue risorse interne per creare una narrazione complessa in grado di catturare l’attenzione del lettore (…)”. In questo “minimo di legame con la realtà” la valutazione ballardiana è del tutto in contrasto con quella di Salotti5, più aderente al senso comune, secondo cui scopo della pornografia è un intento esclusivamente denotativo (documentaristico) sui comportamenti sessuali. Da parte sua Masud Khan6 sostiene (in accordo con Ballard) che “la pornografia è esclusivamente un giuoco mentale perverso che ha ben poco a che vedere con le esperienze sessuali ordinarie”, tuttavia, in totale disaccordo con lo scrittore inglese, afferma anche che nella pornografia scarseggiano l’immaginazione e l’inventiva (“La pornografia annulla l’immaginazione”), e che il suo statuto è del tutto anti-letterario e limitato a dare corpo alla fantasia di “fare del corpo umano una macchina ideale, che può essere manipolata per ottenere il massimo delle sensazioni”.

Non vi è quindi reale azione, ma solo una rappresentazione asimbolica di desideri, di “agiti”, nei quali, di conseguenza, “ogni personaggio resta lo stesso, prima e dopo l’evento”, e, naturalmente, con essi, il fruitore cui fanno da specchio illusorio.

La vera differenziazione si ha tra pornografia e cinema d’Autore; questo, quando si occupa di temi erotici, utilizza ogni sorta di immagini, anche le più crude, inserendole in un percorso di senso che le trascende; per questo il cinema d’Autore, per quanto si abbandoni alle strutture dell’immaginario ed agli espedienti di genere, mira sempre alla ricerca della verità psichica (ad esempio delle dinamiche psichiche che effettivamente sostengono i comportamenti erotici), mentre la pornografia finisce, nella sua congelata stereotipia, per essere una forma irrealistica di evasione: un’apologia dei luoghi comuni e delle banalità fondate sulla semplice equazione meccanica tra stimolo e risposta, tra prestazione e godimento.

L’evoluzione della cinematografia di Tinto Brass è un esempio emblematico di progressiva forzatura dei codici del genere erotico verso codici decisamente pornografici, e può essere considerato un percorso che trascina e rispecchia i mutamenti edonistici della sessualità di questa fine millennio nel mondo occidentale”.

 

La diramazione prosegue, dalla softcore alla harcore, ma con risvolti che non mettono più alla prova i canali multimediali, bensì le relazioni umane.

Scrive Giorgia Serughetti: “Si chiama «sexworker chic», oppure «porno chic» – dalla radice greca porné, che significa proprio «prostituta» – ed è la valorizzazione estetica del lavoro sessuale.

L’ultimo esempio? Lo spot della rivista londinese Love Magazine, in cui alcune modelle della casa di moda Louis Vuitton, abbigliate con (pochi, pochissimi) capi della collezione autunno-inverno 2013, recitano la parte di prostitute di strada, per ritrovarsi invece sul finale nel backstage di una sfilata parigina.

Prevedibile la reazione delle attiviste francesi di «Osez le Féminisme»: in questo modo si trasforma un problema sociale in fenomeno glamour, confondendo un mondo violento come la strada con le atmosfere rarefatte delle passerelle. Il senso ultimo dell’operazione pare proprio questo, ma a cosa ci troviamo davvero di fronte? A una riabilitazione del commercio sessuale di strada, pesantemente colpito negli ultimi anni da politiche pubbliche repressive? Iocredo che ciò che sta dietro alla diffusione nel mercato dell’estetica della streetwalker sia per certi versi il contrario: queste immagini non hanno alcuna parentela reale con l’universo della prostituzione di strada, e lungi dal «simpatizzare» con le vere lavoratrici del sesso mirano a occuparne lo spazio, a prenderne il posto. E tanto le nostre città si fanno inospitali verso i corpi in carne ed ossa delle donne (e delle transessuali, e degli uomini) che si prostituiscono (o sono prostituite/ i) tanto più accoglienti si fanno verso i corpi offerti al consumo che colonizzano tutto lo spazio visivo, rappresentando città immaginarie.

Il mercato del sesso è composto di settori diversi, alcuni interessano lo spazio pubblico, e sono quelli che creano un crescente allarme sociale, altri sono protetti da pareti che li nascondono allo sguardo. Nell’Italia delle ordinanze antiprostituzione come nella Francia della legge Sarkozy contro l’adescamento passivo, nella Svezia che punisce i clienti come negli Stati Uniti che proibiscono la prostituzione a tutto campo, sono in atto strategie simili di rimozione della prostituzione dagli scenari molto concreti, reali, delle strade e dei viali, ovvero dai luoghi pubblici delle città.

Il commercio sessuale, espulso dai centri urbani, bollato come indecoroso, confinato in aree periferiche e non residenziali, è sospinto verso l’invisibilità di appartamenti, hotel, club, sale massaggi… E forse non si tratta di un esito del tutto imprevisto. Come scrivo nel mio libro Uomini che pagano le donne (Ediesse), quel che viene preservato, in questo processo di esclusione reale e inclusione simbolica del lavoro sessuale è il piacere maschile.

Il cliente maschio della classe media, sempre più attento a proteggere il proprio anonimato e la sicurezza delle transazioni, trova forme di consumo sessuale adeguate ai propri bisogni: una molteplicità di strutture private, servizi differenziati per tipologia e costo, e l’agevolazione del web per gli scambi e le comunicazioni.

Ma intanto trova strade diverse, più «rispettabili», per il consumo sessuale, magari mascherate da servizi di intrattenimento, come i club, o di bellezza, come le sale massaggi. E intanto anticipa la propria soddisfazione grazie alla stimolazione visiva, onnipresente, del «sesso in vendita». L’estetizzazione del sex work insomma, lungi dall’essere una promessa di liberazione, è l’altra faccia del suo feroce controllo”.

 

Aspetto educativo

A rischio soprattutto gli adolescenti: tra i 14 e i 16 anni più della metà ha visionato materiale pornografico. Il 25% dei giovani che abusa di immagini porno è a rischio di disfunzioni sessuali come diminuzione del desiderio ed eiaculazione precoce. Dal 2005 il numero degli utenti di siti porno è quasi raddoppiato: da cinque a otto milioni in Italia, e il 10% è costituito da minorenni. Il 50% è a rischio dipendenza da sesso.Il 46% sono ragazze. L’età scolare, l’adolescenza, i processi evolutivi coincidono con il risveglio dei sensi, con la scoperta del piacere. Una fase delicata che, se non adeguatamente supportata dalla famiglia e dagli educatori, può degenerare in patologie a carico della sfera sessuale come la Dipendenza da sesso e la Pornodipendenza.

Quali sono gli effetti di questo fenomeno? Per quanto riguarda le conseguenze patologiche dirette, l’Università di Padova ha rilevato, sul campione analizzato, che un quarto dei giovani che fanno abuso di pornografia sono a rischio di disfunzioni sessuali: in particolare il 12% non cerca rapporti reali, mentre il 25% denuncia calo del desiderio ed eiaculatio praecox.

“Il calo del desiderio è dovuto al fatto che la pornodipendenza abitua il soggetto a fare tutto da solo e lo disabitua a contesti erotico-affettivi reali eliminando la corrente di tenerezza: la pratica esasperata dell’autoerotizzazione mediata dalla pornografia favorisce il calo del piacere e del desiderio erotico verso un autentico oggetto d’amore. L’eiaculazione precoce obbedisce alla stessa logica, “risolvendo” in fretta l’incapacità relazionale del soggetto le cui risorse neurologiche vengono progressivamente consumate determinando modificazioni nella chimica cerebrale. Oltre a ciò va in particolare considerata la profonda distorsione dell’immagine della donna e dell’amore che la frequentazione dei siti porno inevitabilmente determina”, conclude Stefano Bovero.

Quando parliamo di prevenzione, in genere parliamo di “non far accadere determinate cose”: ecco dunque che adesso rivolgeremo l’attenzione non più al soggetto a contatto con la pornografia, ma a quei soggetti che della vera e propria pornografia hardcore ne sono ancora ignari. Parliamo dunque di età dai 9 ai 15-16 anni, dove lo sviluppo psicosessuale del bambino sta prendendo forma.

Bisogna innanzitutto considerare che per i ragazzini visitare siti pornografici è del tutto comprensibile: il problema si pone nel momento in cui si consultano questi contenuti in maniera continuativa, sin da quando si è piccoli e in assenza di un’adeguata educazione alla sessualità e all’affettività.

Senza gli strumenti adeguati, possono imbattersi in immagini forti e apprendere informazioni inappropriate, in cui vengono esaltati gli aspetti fisici e prestazionali, a discapito di quelli legati alla sfera affettiva, generando pensieri e fantasie che portano a credere che i modelli di sessualità proposti dalla pornografia siano normali.

I genitori quindi sono chiamati in prima linea, per dare ai figli quegli strumenti in grado di filtrare certi contenuti ed evitare che si educhino all’affettività a partire da queste immagini e video.

Come farlo? Bisogna innanzitutto preparare il terreno fertile per parlare con loro, senza mostrare atteggiamenti giudicanti o eccessivo imbarazzo, perché altrimenti penseranno che ci sia qualcosa di sbagliato in loro e si chiuderanno. Si deve fargli capire che non si è arrabbiati, delusi o sconvolti all’idea che abbiano visto certe cose e che è normale che ci sia curiosità.

Se vi mostrate tranquilli, trasmettete loro il messaggio che possono venire a parlare con voi se qualcosa li turba, li preoccupa o se hanno semplicemente domande e dubbi sulla sessualità.

La prevenzione migliore è il dialogo, insieme ad un’educazione alla sessualità e all’affettività e all’uso consapevole della rete!

Per quanto concerne la Scuola invece, l’educazione sessuale deve mirare alla Libertà di ogni singolo individuo: parlo di “Libertà Da” e “Libertà Per”. Libertà Da: dipendenze, sfruttamento, prostituzione, disumanizzazione; Libertà Per, invece, un corretto uso dei dispositivi elettronici, un’educazione che mira al benessere umano, vivere bene, una vita buona.

L’ascolto è fondamentale, il dialogo pure. Solo nella relazione con l’Altro si possono trovare strade percorribili in maniera salubre: la chiusura, la non tolleranza, lo spazientirsi, inducono colui che ha bisogno a un rifiuto categorico: ne deriva perciò l’allontanamento, difficile da recuperare, soprattutto dove la strada è difficile da percorrere. Le strade sì saranno asimetriche, ma ciò non significa smettere di mantenere un profilo educativo alto, rigoroso, mirato a non perdere l’interesse e il bene per l’Altro.

Conclusioni

Su molteplici livelli, da quelli della cultura di massa, a quelli filosofici, a quelli narrativi, la pornografia, come gusto ed urgenza per la rappresentazione di una sessualità illimitata, infinita e totipotente, sembra mossa da un fantasma di felicità ma, nei suoi esiti, evoca piuttosto sentimenti di noia e vuoto. Al di là delle sovrastrutture sociologiche, morali e commerciali, la pornografia si definisce come un mito immaginario e fallimentare, come una versione erotizzata del confronto dell’uomo con l’angoscia esistenziale (l’angoscia di vivere e morire nella finitezza).

Come ogni mito, la pornografia è in primo luogo una produzione psichica che indica e trascina comportamenti erotici: una mitologia che si fonda e incarna una visione puramente materialistica della vita, fondata sulle potenzialità edoniche del corpo, volta a negare ogni valore alle ragioni del cuore, allo spazio psichico ed alle sue strutture introiettate (edipiche, super egoiche).

Contrariamente ai miti, però, la pornografia si contrappone alla metafora e la rifugge. L’insieme di questi prodotti immaginari in funzione protesica traducono un desiderio di cupio dissolvi individuale, di suicidio d’anima dove al corpo erotizzato è delegata la dimostrazione di sopravvivenza. In questa dialettica controllabile e ritualizzabile di morte mentale e resurrezione materiale consiste forse in ultima analisi l’onnipotente e illusorio progetto di felicità veicolato dalla pornografia.