Introduzione
Con l’avvento della tecnologia e la diffusione di massa di tutta una serie di dispositivi sempre più innovativi la società odierna si è trovata ad avere a che fare con il fenomeno della dipendenza da videogiochi, fenomeno che ho deciso di approfondire perché riguarda da vicino le nostre vite e quelle delle nuove generazioni.
Aspetto storico/sociologico
A seguito dell’uscita del primo video game commerciale nei primi anni ‘70, ci sono voluti fino agli anni ‘80 per i primi rapporti di dipendenza da videogiochi per apparire, ma solo nel periodo tra gli anni ‘80 e ‘90 si cominciò a parlare e a fare i primi sondaggi sul fenomeno.
Negli anni ‘90 la diffusione dei casi di dipendenza da videogioco portarono un’amplificazione della ricerca sulla questione, con l’aggiunta di sondaggi autovalutativi persino nelle scuole.
Il vero boom avvenne nel periodo che va dal 2000 al 2010 con la diffusione sempre più elevata del cellulare: nel decennio sono stati intrapresi almeno una sessantina di studi sul fenomeno.
Ai nostri giorni la questione della dipendenza da videogame è molto trattata, il metodo di ricerca si è molto più specializzato e gli ultimi sondaggi hanno dato quantità sempre più elevate di individui affetti da dipendenza da videogioco.[1]
[1] GRIFFITHS Mark D. – KUSS Daria J. – KING Daniel L., Video Game Addiction: Past, Present and Future
Aspetto psicologico/patologico
Nel DSM-V il Gaming Disorder è stato aggiunto alle possibili patologie in fase di studio.
Non esiste un numero prestabilito di ore in cui si deve giocare per essere considerati dipendenti dai videogiochi, la maggior parte delle definizioni di dipendenza da videogiochi si riferisce a un gioco eccessivo che possa portare conseguenze negative a livello emotivo, sociale, relazionale, educativo o professionale.
Si ha una dipendenza quando:
- La persona ha bisogno sempre più di una sostanza o di un comportamento per farlo andare avanti.
- Se la persona non ottiene più della sostanza o del comportamento, diventa irritabile e miserabile[1].
L’APA (American Psychiatric Association) concede, invece, che una persona riceva la diagnosi del disturbo da gioco su Internet, se almeno cinque delle seguenti nove caratteristiche si applicano a quella persona:
- Preoccupazione: trascorre molto tempo a pensare ai giochi anche quando non gioca, o pianifica quando potrà giocare il prossimo.
- Ritiro: si sente irrequieto, irritabile, lunatico, arrabbiato, ansioso o triste quando cerca di tagliare o smettere di giocare, o quando non riesce a giocare.
- Tolleranza: sente la necessità di giocare per un numero sempre maggiore di tempo, giocare a giochi più eccitanti o utilizzare attrezzature più potenti per ottenere la stessa quantità di eccitazione che usava ottenere.
- Riduzione: pensa che dovrebbe giocare di meno, ma non riesce a ridurre il tempo che trascorre a giocare.
- Rinuncia ad altre attività: perde interesse o riduce la partecipazione ad altre attività ricreative a causa del gioco.
- Continua nonostante i problemi: continua a giocare anche se è a conoscenza di conseguenze negative, come non dormire abbastanza, essere in ritardo a scuola / al lavoro, spendere troppi soldi, litigare con gli altri o trascurare compiti importanti.
- Ingannare: mente alla famiglia, agli amici o agli altri su quanto gioca, o cerca di impedire alla sua famiglia o ai suoi amici di sapere quanto gioca.
- Scappatoia: gioca per scappare o dimenticare i problemi personali o per alleviare sentimenti spiacevoli come colpa, ansia, impotenza o depressione.
- Rischio: rischia o perde relazioni significative o opportunità di lavoro, di formazione o di carriera a causa del gioco.
Per la maggior parte dei giocatori i video game, specialmente i generi fantasy di gioco di ruolo, sono un modo per scappare dalla realtà e sentirsi bene con sé stessi, hanno cioè la stessa funzione che ha la droga per un dipendente da sostanze stupefacenti, e come le droghe anche i videogiochi possono portare gravi danni alle persone che ne fanno abuso in quanto “catturano” talmente tanto una persona che questa arriva a trascurare sé stessa per il gioco: non lavandosi, non mangiando, non andando a lavorare, non stando con le altre persone.[2]
[1] BRODY Michael
Aspetto educativo
Cameron Adair[1] parla della sua esperienza da dipendente di videogiochi, di quanto abbia messo a rischio la sua vita e abbia influenzato le sue scelte.
Adair ci racconta in che modo per più di 10 anni sia stato “intrappolato” dai video game, ci dice come a 15 anni lasciò la scuola e di come più avanti mentisse ai suoi sull’avere un lavoro quando invece stava a casa a dormire di giorno perché aveva giocato tutta la notte e ammette come non volesse fare tutto questo, ma quanto la dipendenza lo guidasse.
Adair spiega che ci sono 4 ragioni principali per cui le persone giocano:
- Fuga Temporanea: scappare dalle responsabilità e dai fardelli della vita.
- Sono Social: permettono di socializzare non socializzando, si può stare a casa e giocare con i propri amici, il gioco permette di “essere qualcuno”.
- Sono una sfida: danno una ragione, uno scopo verso cui camminare.
- Crescita costante misurabile: rendono evidente il risultato positivo dei propri sforzi.
Afferma anche, però, che la dipendenza deriva dall’abitudine successiva all’andare a giocare una volta che ci si sta annoiando; non bisogna, quindi, lasciare che i dispositivi elettronici diventino i nuovi “babysitter” e bisogna impegnarsi per capire cosa spinge queste persone a giocare, solo in questo modo si potrà aiutarle agevolandole nei campi dove sono manchevoli e che le rendono talmente spaventati dall’interazione con le persone da render loro necessario ricorrere al gioco.[2]
Cameron Adair adesso è “pulito” ed è il fondatore di una community di supporto per dipendenti da videogame.
[1] ADAIR Cameron: è un oratore, imprenditore e pioniere della dipendenza da videogiochi. È il fondatore di Game Quitters, la più grande community di supporto al mondo per la dipendenza da videogiochi, serve membri in 91 paesi.
[2] ADAIR Cam: Escaping video game addiction at TEDxBoulder
Conclusioni
La figura dell’educatore deve aiutare a fare questo: prevenire la necessità di giocare cioè prevenire tutti quei punti che potrebbero portare una persona a compiere un abuso di questi giochi, il giocare in sé non è un male, ma solo se usato con moderazione.
L’educatore deve favorire l’inserimento e la socializzazione faccia a faccia prima ancora che con i video e deve spingere i soggetti a non desiderare di andare a rifugiarsi e isolarsi nei giochi elettronici.